L’affidamento diretto, di cui all’art. 50 del d.lgs. 36/2023, è una modalità di individuazione del contraente privato che consente una più rapida sottoscrizione di contratti pubblici, ma, ciononostante, è soggetto a rilevanti limitazioni. L’istituto può trovare applicazione negli affidamenti di lavori solo laddove il valore dell’importo sia inferiore a 150.000 euro, mentre invece in caso di servizi o forniture la soglia si abbassa a 140.000 euro, e consiste in un sistema di selezione che non prevede alcuna forma di comparazione tra operatori economici. Tale modus procedendi è caratterizzato dall’assenza di step procedurali predeterminati e particolarmente gravosi per la PA, a differenza delle procedure di affidamento previste per importi maggiori e che determinano un notevole dispendio di energie e risorse, con conseguente allungamento delle tempistiche necessarie alla stipulazione del contratto. Capita non di rado che il legislatore, per far fronte a situazioni emergenziali, debba approntare una serie di interventi normativi volti ad alterare il delicato assetto di interessi poc’anzi tratteggiato. In altre parole, la situazione di necessità ed urgenza impone di attivarsi immediatamente per reagire a circostanze che rischiano di minacciare l’economia e richiedono procedure semplificate e più flessibili per addivenire alla conclusione di un appalto pubblico. È in quest’ottica che si spiegano interventi quali il D.L. 6 luglio 2020, n. 76, recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale, con il quale il legislatore ha potenziato notevolmente il ruolo dell’affidamento diretto e ha snellito ulteriormente le procedure per il suo utilizzo. L’assoluta semplicità che caratterizza questo istituto (di fatto viene imposto unicamente il rispetto dei principi fondamentali che presiedono alla materia degli appalti pubblici) ha invero condotto le stazioni appaltanti a predisporre una serie di cautele procedurali ulteriori, anche in assenza di espressa previsione. È il caso, ad esempio, della richiesta di preventivi a più operatori economici o l’indicazione preliminare di alcuni criteri per la selezione. Permangono tuttavia non pochi interrogativi, derivanti dalla necessità di comprendere se, a prescindere dalla qualificazione nominale data dalla stazione appaltante alla modalità di affidamento, la sussistenza di una “procedimentalizzazione” della selezione determini l’effettiva sussistenza di una gara piuttosto che un affidamento diretto. Recentemente il Consiglio di Stato con la sentenza 15 gennaio 2024, n. 503 ha preso nuovamente posizione, ribadendo[1] che l’affidamento diretto non rappresenta una procedura di gara. Il semplice confronto di preventivi non impone alla stazione appaltante di dover necessariamente realizzare una graduatoria, potendo essa scegliere liberamente il contraente che più la aggrada e secondo i criteri di aggiudicazione che ritiene opportuni (prezzo più basso od offerta economicamente più vantaggiosa, indifferentemente). La pronuncia in commento, più nello specifico, ribadisce che “la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze”. A livello concreto, quanto affermato dai giudici di palazzo Spada produce penetranti ricadute in punto di onere motivazionale, essendo in questi casi sufficiente per la stazione appaltante motivare la scelta dell’aggiudicatario anche solo in termini di economicità e rispondenza dell’offerta alle proprie esigenze, senza doversi anche produrre in argomentazioni che riflettano un’ottica comparativa tra le diverse offerte ricevute. In altre parole, la scelta da parte della PA di selezionare l’affidatario attraverso l’utilizzo di regole improntate al confronto concorrenziale e mediante il ricorso a un disciplinare che prestabilisca un coefficiente minimo di procedimentalizzazione, non vale di per sé a trasformare in una procedura di gara (con tutto ciò che ne consegue) ciò che dichiaratamente nasce come mero confronto di preventivi. Cercando di veicolare sul piano pratico quanto appena evidenziato, è essenziale per il Pubblico Ufficiale ricostruire con la massima precisione possibile il confine esatto tra l’una e l’altra figura, onde evitare contestazioni da parte degli operatori economici e la conseguente paralisi dell’azione amministrativa. Quando la procedimentalizzazione è in grado di trasformare un semplice affidamento diretto in una vera e propria gara? Certamente giova fare ricorso in casi simili al classico criterio letterale: un’espressa qualificazione in termini di “affidamento diretto” impressa dalla stazione appaltante nel disciplinare di gara sarà sicuramente un buon punto di partenza. Ma non basta. Come noto, la giurisprudenza amministrativa si è sempre dimostrata refrattaria all’esclusiva valorizzazione del dato formale, guardando piuttosto, e sempre più intensamente, agli aspetti sostanziali della vicenda. Pertanto, in quest’ottica, sarà utile evitare il ricorso a strumenti specificamente predisposti per il regolare e buon funzionamento delle gare d’appalto, come ad esempio il soccorso istruttorio. Laddove un’offerta presenti lacune o passaggi poco intelligibili, potrebbe essere preferibile per il RUP chiedere “chiarimenti”, piuttosto che esporsi mediante l’attivazione del soccorso istruttorio vero e proprio. Siffatta scelta potrebbe ingenerare infatti negli interessati la convinzione di essere al cospetto di una vera e propria procedura di gara. Ed ancora, ad esempio, laddove si voglia ricorrere a una semplice richiesta di preventivi, risulterà vincente la scelta di richiederli separatamente e non tutti insieme, poiché la sussistenza di un termine uguale per ciascun operatore economico potrebbe essere interpretata come manifestazione della volontà della stazione appaltante di svolgere una gara d’appalto. Ribaltando la lente prospettica, invece, non pare che siano in grado di snaturare un mero affidamento diretto tutte quelle attività quali la semplice nomina di una commissione esaminatrice o la scelta da parte del RUP di farsi assistere da personale tecnico nella valutazione delle offerte. Pertanto, è essenziale che le stazioni appaltanti abbiano ben chiari tali meccanismi e siano adeguatamente supportate da esperti del settore laddove decidano di procedere con affidamenti diretti, considerato il delicatissimo equilibrio sussistente nella materia degli appalti tra i due opposti valori della concorrenza, da una parte, e dell’autorganizzazione amministrativa, dall’altra. [1] Sul punto si veda anche, in termini analoghi, Consiglio di Stato 23 aprile 2021, n. 3287.